Circolo Didattico "CROSIA-MIRTO" (CS)

 

CROSIA
(A cura dei ragazzi delle Classi 4A - 4B di "Via del Sole" (marzo 2007)

LA CARTOLINA

Un gruppo di case d'argilla ed una minuscola pianura lambita dal più bel mare del mondo; il tutto sotto un lembo di cielo terso ed azzurro, solcato a tratti da maestosi rapaci che scompaiono, dopo ampi giri, dietro la più alta di quelle colline: quella che alla parete che guarda il sorgere del sole, porta appeso un grappolo di case bianche che tutti chiamano CROSIA. Un paese attraversato da viuzze strette e tortuose, poche chiese superstiti e cento case che si accalcano, come donne curiose attorno alla minuscola piazza.

    

LA STORIA

Le vicende di Crosia sono legate al fiume Trionto, conosciuto in epoca Magno-Greca, quando i cretesi, secondo lo storico locale Luigi Voltarelli, in seguito a una crisi metallurgica, si spostarono sulle coste calabresi in cerca di ferro e rame, reperibili nelle miniere di Longobucco. Il metallo veniva portato a valle sulle acque del Trionto, allora navigabile, per essere imbarcato neè porto situato alla foce.

Il nome Crosia, deriverebbe da Kreusa, moglie di Enea.

Si racconta, infatti, che l'eroe troiano abbandonò la sua città ormai in fiamme e cercò la salvezza accompagnato dal padre Anchise, dal figlio Julo e dalla moglie. Kreusa con la mente confusa, dopo un breve tratto scomparve. Dopo sette anni di peregrinazioni, Enea sarebbe giunto nella valle del Trionto e in quel luogo che chiamò Kreusa, si sarebbe fermato per diverso tempo. Secondo la tradizione popolare, il borgo sarebbe nato nel 1315 a. C, ben 561 anni prima di Roma.

Un'altra interpretazione storica colloca la fondazione di Crosia nel 510 a. C., quando i crotoniani sconfissero i sibariti, nella valle dei Trionto.

Il nome subì altre trasformazioni: Kruseon o Kruseia, Chrysea, Crisia, Terram Curisiam e infine Crosia (potrebbe significare d'oro).

Gli abitanti erano dediti alla lavorazione dell'oro e dell'argento provenienti dalle miniere della vicino Longobucco. In età romana si legò ad Annibale. Durante la dominazione Normanna Crosia rientrava nella baronìa di Cariati. Il primo feudatario fu Matteo de Riso (1306). Seguirono: Gentile Sangiorgio, poi i Ruffo, Tommaso Guindazzo, la famiglia d'Aragona, seguirono i Mandatoriccio. Il Primo duca di Crosia fu Teodoro Dionigi, ultimi signori furono i Sembiase fino al 1799.

Nel 1811 divenne frazione del Comune di Calopezzati. Crosia divenne primo nucleo dell'attuale masseria, meglio nota come castello.

 

LA GEOGRAFIA

Comune della provincia di Cosenza. Crosia sorge su una collina di arenaria finissima intervallata da strati di tufo, a 317 metri, ma si estende fino al mare.

Confina con i Comuni di Calopezzati, Caloveto, Cropalati, Rossano ed è bagnata dal Mar Ionio.

Ha una superficie di 21,41 Kmq.

Dista da Cosenza 88 Km.

II Comune è composto dalle frazioni di Mirto e Sorrenti dalle contrade Fiumarella e Pantano.

 

CORSI D'ACQUA

    • Fiume TRIONTO segna il confine con Rossano e Cropalati.
    • Torrente FIITIVIARELLA segna il confine con Calopezzati.
    • Torrente SFERRACAVALLO segna il confine con Caloveto.

 

COME ARRIVARCI

STRADE:

    • Per chi viene da Nord: A3 uscita Sibari - SS 534 fino a Sibari - SS l06 fino a Mirto/Crosia - Provinciale per Crosia.
    • Per chi viene da Sud: A3 uscita Tarsia - SS 1o6 bis fino a Corigliano SS l06 fino a Mirto/Crosia - Provinciale per Crosia.

TRENI

FS a lunga percorrenza stazione di Mirto/Crosia

AUTOBUS

Da Cosenza, Bocchigliero, Roma, Milano.

AEROPORTO Lamezia Tenne.

 

POPOLAZIONE
(al 31.12.2006)

8.735 abitanti, di cui 4.283 maschi e 4.452 femmine.

Gli abitanti sono detti crosioti.

Non tutte le famiglie discendono da Crosia, ma ci sono molti nuclei familiari che provengono dai paesi limitrofi: Calopezzati, Campana, Caloveto, Cropalati, Longobucco, Rossano, ecc.

 

ITINERARIO TURISTICO - CULTURALE
IL CASTELLO DI MIRTO

Gli atti del notaio Francesco Greco di Bocchigliero, fanno riferimento a una torre con frantoi, che costituiscono il primo nucleo dell'attuale masseria, meglio nota come castello, ubicata nella frazione di Mirto. Intorno a questa struttura, intorno al '600, sorsero la dimora padronale dei baroni Mandatoriccio, le case del personale di servizio, le rimesse e le stalle, i magazzini e un grande locale dove trovavano posto i lavoratori stagionali.

Le motivazioni che hanno portato il barone a edificare, se pur in diverse fasi, tutte quelle strutture, sono da ricercare nelle esigenze del grosso feudo le cui attività erano prevalentemente agricole.

La vastità dei territori impiantati ad uliveti determinava una produzione d'olio di centinaia di quintali gran parte del quale veniva esportato, ed ecco la necessità di impiantare strutture per lo stoccaggio, oltre al frantoio per la molitura delle olive.

La produzione massiccia di cereali e la commercializzazione degli stessi a prezzo da stabilire a seconda della richiesta di mercato, impose la costruzione di enormi magazzini non solo sotto il palazzo baronale di Crosia ed a Calopezzati, ma soprattutto a Mirto che era il cuore delle attività.

Tutto ciò, e la mania delle cose in grande che era caratteristica di Giovan Michele Mandatoriccio, fece nascere la struttura chiamata castello, che era un gioiello di funzionalità.

Le necessità crescevano con l'ingrandirsi del feudo e sorgevano nuove costruzioni attorno alla corte, finché la struttura assunse le dimensioni e l'aspetto attuale. La costruzione oggi è un rudere. Della struttura padronale, è crollato il tetto con il torrione a base quadrangolare, le dimore del personale di servizio, la cappella dedicata a San Bartolomeo. Molto suggestive le gradinate in. pietra chiara e gli archi in mattoni rossi, sono in pessimo stato.

Pur rimanendo interessante, quella struttura non può essere definita castello: fu eretta per essere masseria e tale rimase.

 

MIRTO

Mirto frazione Crosia, dove è concentrata la maggioranza della popolazione del Comune, conta circa novemila abitanti. Fulcro dell'economia locale con un vivace commercio e tante piccole attività artigianali.

Il nome Mirto, che veniva attribuito per la presenza dell'arbusto con le bacche nere o bianche nel territorio, ha origini molto remote.

L'antica "Pentaccio" fu sì una realtà esistita sul litorale del Comune, ma Mirto deve la sua fondazione ai primi coloni cretesi (1100/1300 a.C.).

La crisi metallurgica che colpì i Paesi dell'Egeo, in quell'epoca spinse i cretesi a cercare nuove fonti di approvvigionamento.

La Calabria, scalo naturale dell'Europa nel Mediterraneo e la notorietà delle miniere di Temesa (odierna Longobucco), cantate da Omero, spinsero i cretesi ad approdare sulle nostre coste e, poiché era uso, alle nuove realtà fondate, dare i norrà delle loro città di provenienza, così diedero il nome MIRTO alla loro nuova Patria, per immortalare il loro Paese di origine appunto, Mirto di Creta.

Mirto oggi è una realtà importante ed è il punto di riferimento di quasi tutti i centri minori della Comunità Montana Sila Greca.

Pochi centri, possono come Mirto di Crosia godere di un collegamento rapido tra il mare e i monti (tempi di percorrenza 35 minuti).

Gli itinerari turistico-culturale abbondano: i ruderi del Castello di Mirto, Torri di avvistamento, le Chiese e il bellissimo lungomare.

 

ECONOMIA

Da almeno un decennio il turismo è la carta vincente della cittadina dello Jonio. L'economia crosiota sta decisamente cambiando volto. Fino a qualche decennio fa la maggior parte della popolazione era impegnata nel settore agricolo. Oggi si coltivano in grande quantità soltanto ulivi e agrumi ( i mandarini della qualità clementine della Piana di Sibari sono molto rinomati). Ma la particolare posizione di Crosia tra mare e montagna, ha rilevato la forte vocazione turistica del Paese.

D'estate gli abitanti si quadruplicano: oltre 30.000 persone, tra residenti e ospiti. Moltissimi gli impiegati in questo settore: non si contano i baristi e i camerieri occupati stagionalmente.

La mancanza di strutture ricettive (soltanto un albergo a 2 stelle), però, condiziona notevolmente il mercato. Sono soprattutto i proprietari di seconde case e di supermercati a trarre vantaggio dallo sviluppo turistico. Tra le realtà economiche più importanti l_-gate al comparto agricolo troviamo: frantoi oleari, aziende produttrici di miele e numerosi caseifici rinomati nell'intera zona. Mirto è sede di un centro ARSSA, che un tempo si occupava esclusivamente di tutte le fasi dell'allevamento del baco da seta, oggi si occupa anche di sperimentazione nel campo delle bioagricolture. In paese sono rimasti pochi artigiani, per lo più falegnami e fabbri. La presenza di alcune specie di pesce pregiato che si riproduce solo nel mare di Mirto si deve a un'alga, la "Poseidonia", che vegetando fa sì che il nostro tratto di mare sia prescelto da saraghi, dentici, orate, ecc., per depositarvi le uova.

 

L'evoluzione di Mirto dal racconto dei nostri nonni

Per conoscere e approfondire la storia del nostro paese ci siamo rivolti ai nostri nonni, che intorno agli anni 'So hanno visto sorgere il piccolo insediamento ora divenuto un bel paese, comodo e moderno, che punta molto sul turismo balneare. Fino agli inizi degli anni 'So, la frazione di Mirto era costituita da poche case e popolata dalle famiglie che si erano trasferite dal vecchio Borgo di "Mirto Castello". Erano delle case piccole, a piano terra, situate lungo la Statale io6, soprattutto vicino alla Stazione ferroviaria. Per andare a: mare non c'erano strade, solo viottoli segnati dagli animali, dai carri trainati dai buoi o da qualche bicicletta. Percorrendo quei viottoli si attraversava un'ampia distesa di campi coltivati ad uliveti. Scendendo verso il mare, prima di arrivare alla zona "Pantano", si trovava una fontana detta "Centofontane", costruita, nel 1947, dal muratore Berardi Saverio (Mastro Saverio) e ristrutturata, verso la fine degli anni `90, dal figlio Domenico (Il Biondo). La fontana, costituita da 5 canali, esiste ancora e raccoglie l'acqua di una sorgente sotterranea che, una volta era potabile, ora non lo è più perché in questi ultimi decenni molte sono state le trasformazioni nelle vicinanze della sorgente. Sono state costruite prima stallé, poi case e via via ora palazzi, ristoranti, laboratori ed officine artigianali che hanno inquinato le falde acquifere e quindi la sorgente ultimamente è stata dichiarata non potabile. Dai racconti dei nostri nonni, abbiamo appreso che all'inizio c'erano solo i 5 canali che servivano per dissetare gli abitanti di Mirto e per l'uso domestico quotidiano, perché allora non c'erano gli attuali acquedotti. In seguito furono costruite 2 vasche (i lavatoi) per dare la possibilità alle massaie di lavare lì la biancheria. Per fare il bucato bisognava fare la fila, ognuna aspettava il proprio turno; In una vasca si poteva solo insaponare la biancheria e nell'altra si poteva sciacquare comodamente. Molte donne stendevano i panni lavati, per farli asciugare su canneti, cespugli e recinti che si trovavano nelle vicinanze delle Centofontane.

Anche se era faticoso la gente era felice, le "comare" si incontravano, chiacchieravano e passavano un po' di tempo serenamente, respirando aria pura e salutare.

Sempre dal racconto dei nostri nonni, abbiamo appreso che la zona Pantano, nel dopoguerra fu prosciugata e resa coltivabile dalle opere di canalizzazione costruite dall'Opera Valorizzazione Sila (O.V.S), l'attuale ARSSA. Le terre paludose diventarono aree molto fertili, sulle quali furono impiantati estesi agrumeti, distribuiti negli anni 'So ai contadini della zona. Gli agrumeti insieme agli uliveti ancora oggi sono la coltivazione principale di questa zona che confina direttamente con il mare.

Fino agli inizi degli anni '60 la spiaggia di Mirto era molto vasta e sul demanio erano state costruite delle piccole abitazioni, erano le case dei pescatori. I pescatori ogni giorno, quando il tempo lo permetteva, andavano a pescare e tornavano molto spesso con le barche piene di buon pesce fresco. D'estate poche famiglie si godevano il sole e tutti i benefici dell'acqua limpida e invitante. Tra gli anni '60 e'70, però, l'opera insensata di molti abitanti di Mirto e di altri paesi vicini deturparono l'equilibrio e la natura incontaminata della spiaggia: proprio sul demanio costruirono tante case private e ville con giardino e recinzioni, l'una di seguito all'altra, realizzando una vera e propria muraglia di cemento che si affacciava sul mare e ne impediva la -vista a chiunque si recava nei pressi. Solo i "proprietari" delle case potevano godersi serenamente quel magnifico spettacolo che il mare offriva gratuitamente; mentre chi scendeva dal paese per qualche ora di relax in riva al mare si sentiva a disagio e addirittura un intruso, era costretto ad allontanarsi per cercare qualche posto meno edificato per non disturbare nessuno. Per fortuna della cittadina di Mirto, nel 1989 le case, costruite abusivamente sul demanio marittimo, furono demolite grazie al forte impegno degli Amministratori comunali, da allora si sta cercando di realizzare il cosiddetto "PIANO MARE" che ha restituito alla spiaggia la sua "libertà" dal cemento.

Sono state costruite strade con ampi marciapiedi per fare comode e fresche passeggiate serali estive, tanti parcheggi per auto, parchi-gioco, ristoranti, bar, puntando molto sul turismo balneare.

Infatti in estate molti turisti arrivano a popolare le nostre spiagge. In agosto, soprattutto, molte manifestazioni, sagre, spettacoli all'aperto, concerti e mostre fanno di ogni serata momenti di sano divertimento.

I PISCATURI

U mare suca ru sangue a ri piscatori
e ri porta 'un sacciu adduve.
L'unna 'mmutta l'acqua a ra terra luntana
chiddu ca trova e chiddu ca mina.

Fa friddu e li tremanu i mani
levati Micu ch'è fattu rimani.

U mare ca quannu si fora ti vena ra fame
occhiu ch'un vira core ch'un dola.
U sule ca quannu ti cocia t'abbritta ri carni
facce nivure e capu pisanti.

E' ru jurnu ca sciodda 'ntra sira
movati Micu ch'è fatta matina.

U mare ca quannu si ferma u senti 'ntri rini
passu 'ppè passu quannu camini.
U mare ti liga ru core a 'nu metru e ra riva
cume si sta quannu a varca 'unn arriva.

E' ra terre ca scivula chianu
u mare ti stringia e ti porta luntanu.

(Tratto da: "Raggia" di Peppe Voltarelli)

 

LE MANIFESTAZIONI
Estate a Mirto Crosia

Il cartellone offre numerosi appuntamenti: rappresentazioni teatrali, giochi sulla spiaggia, spettacoli di musica etnica e leggera, maratona del 23 maggio dedicata alla Madonna della Pietà.

 

LE SAGRE
SAGRA DELLA PESCA:

I Crosioti si cimentano, nel mese di Agosto, in una gara di pesca sulla spiaggia del mare di Mirto che dura un'intera giornata.

I pescatori si radunano a frotte sulla spiaggia, ci sono i vecchi, dai volti rugosi e sereni, gli occhi neri come le olive che compaiono quotidianamente sulle loro tavole.

C'è anche qualche giovane col petto muscoloso e possente, la pelle scurita dal sole e la testa piena di sogni e tirano e tirano fino a sera tra le grida esultanti della folla riunita a festeggiare.

" Tirini 'e' nta maru 'u sciabbacheddru
chjnu chjnu du nobbilu tesoru:
argentu vivu, tuttu friscu e beddru,
n'orduru "e maru chi parra a ru coru".

(Tirano dal mare la sciabica /
strapiena del nobile tesoro /
pesce vivo, fresco e bello, /
un odore di mare che parla al cuore).

Tratto da: "Crucoli, Sardella & dintorni" di G. Virardi.

E... dopo la grande pesca, la sera la grande abbuffata sotto i raggi argentati della luna e finché c'è olio alla lucerna si canta, si beve e si ride, si beve e si mangia.

Amici mej, manciamu            "Amici miei mangiamo
e po vivimu                           e poi beviamo
finu ca c'è ogghiu                   finchè c'è olio
a ra lucerna!                          Alla lucerna!
Chi sa s'all'atru munnu           Chissà se all'altro mondo
Ni vidimu!                            Ci vediamo!
Chi sa s'all'atru munnu           Chissà se all'altro mondo
C'è taverna"!                         C'è taverna"!

Tratto da: "Crucoli, Sardella & dintorni" di G. Virardi.

E, negli occhi ormai brihi e assopiti, l'estasi della festa ricreava l'anima. "Può una persona morire se si sazia di pane, sardella e vino?"

Tratto da: " Crucoli, Sardella & dintorni " di G. Virardi

 

PER LA FESTA DEI MORTI

Per il 2 di Novembre si prepara ancora oggi " a pasta e ri morti " cu maccarruni a ferretti e sucu e castratu o e finninula e puorcu. (pasta fatta in casa con il ragù di ca-ne di caprettone o di salsiccia grassa di maiale) per offrirla alle famiglie che erano a lutto.

 

PER LA FESTA DI SAN GIUSEPPE

Per il 19 marzo si prepara " u mitu e San Giuseppe" Fatto cu tagghjarini e ciciari, cu suraca e sucu e baccalà. (tagliatelle e ceci, fagiola e sugo di baccalà), e si distribuiva a tutte le famiglie del vicinato.

 

DOLCI TIPICI

  • I FRITTI A BENTI (preparati per le occasioni importanti, a base di farina e acqua e, dopo soffritti, passati nello zucchero).
  • I CRUSTULI (uova, farina, acqua, vermouth e zucchero)

 

PIATTI TIPICI A BASE DI PESCE:

Sarde scattiate, grastateddi cu ri pipi frischi, baccalà cu ri porri e i pummalori e tantu orduri chi vula ntre vinelle!

(Sarde soffritte nell'olio con tanto peperoncino rosso macinato, pesce con peperoni freschi piccanti, baccalà con i porri e pomodori, mentre l'odore si diffonde tra i vicoli del rione).

SAGRA DELLA FRESINA

(Fresina: pane integrale secco a forma di ciambella tagliata orizzontalmente)"

"A fresina arriganata cu ru pipu pisatu "
(Fresina condita con origano, olio, aceto e un pizzico di peperoncino macinato).

" A fresina cu ra sardella mpipata e cipolla "
(Fresina condita con sardellina salata rossa, olio, aceto e spicchi di cipolla fresca ).

" Fresina ponzata cu pummaloru "
(Fresina bagnata e condita con pomodori a tocchetti un pò di aglio e qualche foglia di basilico profumato calabrese ).

 

LA SAGRA DELLA MELANZANA

Le famiglie del Paese si cimentano in una gara culinaria a base di melanzane che si preparano in diversi modi. Le ricette più antiche sono:

"E luminciane chjne e cammare e de scammare" (melanzane ripiene con la stessa pasta delle melanzane, mollica di pane, sardellina salata, olive snocciolate, uova bollite tritate, pepe nero, basilico e aglio, da consumare al venerdì e nei periodi di astinenza).

(Melanzane ripiene con la stessa pasta delle melanzane, mollica di pane, con salame, o carne trita, ecc. da usare in tutti gli altri periodi).

 

LE TRADIZIONI

PER IL 12/13 DICEMBRE

Per S. Lucia il piatto caratteristico è la cosidde-t'.ta "COCCIA" a base di grano bollito con acqua scorza di limone o mandarino e una stecchetta di cannella.

Quando il grano è ben cotto si condisce con mosto cotto oppure cioccolato sciolto nel latte, oppure con solo miele o zucchero.

"Ujurnu e S. Lucia s'accurte ra notte e s'allonghe ra via quanto nu passu e pio pio".
(Il 13 dicembre il giorno si allunga quanto il passo di un pulcino).

 

PER IL 24/25 DICEMBRE

"A FOCARINA"

I ragazzi del paese iniziano la raccolta della legna sin dal primo giorno del mese detto il " mese di Natale ".

Ognuno prepara la legna nel proprio rione e d'avanti alle chiese per accenderla, poi, la vigilia della festa.

E... mentre il fuoco arde e scoppietta, qualcuno guarda fisso il balcone, chiuso, dell'amata innalzando il suo canto d'amore :

" Luce re l'occhi mjie aspetta aspetta,
nun fare chi ti ncrisce l'aspettari,
si vene ncun' amante e ti suggette
rille ca monachella tu te fari,
po' stajiu a ure a ure e ppò mijiettu
intra li vrazza tue vegnu a posari ".

(Luce dei miei occhi, non ti stancare di aspettarmi,
se qualcun altro ti chiede in sposa
rispondi che devi farti suora,
aspettami fino a quando
ci possiamo sposare e,
tra le tue braccia mi vengo a rifugiare).

 

PER IL 31 DICEMBRE

LA NOTTE DI SAN SILVESTRO.

La sera di San Silvestro, i ragazzi (maschi e femmine) vanno in giro per i vicoli del paese bussando alle porte delle case degli amici augurando un buon fine d'anno e cantando una bella filastrocca:

"Bona sira e bon'annu famm'a strina ch'è Capuddannu".
(Buona sera e buon anno nuovo fammi un regalo perché è Capodanno).

I ragazzi aspettano fino a quando qualcuno apre la porta e offre loro un regalo: noci, castagne, arance, fichi secchi e qualche dolce fritto.

 

PER CARNEVALE

Per Carnevale, la gente del paese, si maschera o meglio si veste di "fressaru".

Si prepara la Quadriglia, vestiti di abiti vecchi, e si va nelle piazze dei paesi vicini a ballare, fino a tardi, a cantare e a raccogliere i doni: salsicce, soppressate, vino, caciocavalli, ecc.

E... accompagnati dal suono della chitarra battente e della fisarmonica qualcuno si sofferma sotto una finestra e manda un messaggio " burlesco":

A GIURGIULENA (semi di sesamo e miele)

I CICIARI NZUCCHERATI (ceci abbrustoliti con lo zucchero)

E CRUCETTE (fichi ripieni con noci a forma di croce, cotti nel forno e passati nello zucchero)

E CHINULILLE FRITTE O MBURNATE (biscotti ripieni fritti o cotti nel forno).

 

I PROVERBI

  • "Figghyu e gattu surici pigghya, tale mamma tale figghya"
    (I cuccioli dei gatti vanno a caccia di topi come la mamma)
  • "Chiddu ca ricianu e mamme a ru focularu, u ricianu e figghyi"
    (Quello che dicon,) le mamme in casa lo dicono i figli per strada)
  • "Chine sta speranza all'autri e nu cucina, a sira si ricogghje murmurannu„
    (Cbi pensa di mangiare a casa degli altri, resta digiuno).
  • "Si u malutempu vena da marina, pijate a zappa e va cucina, si u malutempu vena da montagna, pijate a zappa e va guadagna".
    (Se il maltempo arriva dal mare, cucina perché farà brutto tempo, se viene dalla montagna, continua a lavorare perché finirà presto).
  • "Avant'a porta, accatta e vasa" (compra vicino casa e sposa chi conosci)
  • "...Ha vistu zincari jre a metare? N'è sentutu frischi e piche!" (è impossibile vedere uno zingaro raccogliere il grano)
  • "Nu guardare maje l'occhi e ri zincari, ti liganu comu nu lazzu e ti pungianu comu na spingula"
    (non guardare mai gli occhi dello zingaro, ti tengono attaccati e ti fanno soffrire)
  • "L'ominu trarituru tene ru mele a ra vucca e ru fele ntru coru".
    (L'uomo che tradisce dice belle parole ma non è sincero).
  • "Mugghjere e figghj si vasanu quannu rormanu"
    (Mogli e figli si baciano solo quando dormono)

  • "Si vò ca l'amicizia si mantene, nu panarellu va e natru vene"
    (Per mantenere l'amicizia ci vuole lo scambio dei doni)
     

  • " Sentu nu tappinellu a casa casa
    chas'è cummare Maria chi passa e trasa
    port'eru vinu a cumpari Franciscu
    c'appena si lu vive, si ci rifrische "
    (dedicato a compare Francesco e a comara Maria)

    "Bella ca e rominica nascisti,
    lu lunu t 'a uolutu vattiare
    lu martu alla tua mamma li ricisti
    lu mercuri mi vogghju maritare,
    lu yove spampinannu le tue bellizze
    lu vennaru sijufare mustrari 
    lu sabatu ntru core mi trasisti
    bella ca nun ti pozzu cchjù uantari".

(L'amore fulmineo che ha colpito l'uomo e in una settimana si vuole sposare).

"A fimmina è com'a gatta,
cchiù l'allisci e cchiù s'incatta,
l'ominu è com'u gallu
chicchirichì e ti zumpa ncollu".

(La donna fa le fusa come la gatta, l'uomo ne approfitta e non la lascia andare)

A una ragazza altera, che aspetta solo il "Principe Azzurro":

"Affacciat'ara finestra piettu liscia
nnammui atella re centu bardasci
ta fattu sti cozetti punti e lisci
ppe fari nnammurari li bardasci
po' tannu ti mariti piettu lisciu
quannu lu papa si fa mastru rasciu.

(Affacciati dalla finestra signorina altezzosa innamorata di tanti ragazzi, porti le calze ricamate ai ferri, per fare innamorare chi ti guarda. Ma, tu ti sposerai, solo, quando il Papa diventerà falegname cioè, mai).

E.. ballando e cantando fino a notte tardi si festeggia il carnevale per tre lunghi giorni.

L'ultimo giorno si prepara la sfilata con il corteo dietro al carro funebre del Re Carnevale.

La gente si veste a lutto, grida parole strane in segno di dolore, cercando di consolare la moglie di Carnevale che è tutta vestita di nero con i capelli sciolti che piange il mari"--o che è morto per aver mangiato tanto. Man mano che passa il corteo, la gente si accoda, e la folla diventa sempre più numerosa e rumorosa.

 

PER LA FESTA DEL SANTO PATRONO

I giovani, per la festa di San Michele, organizzavano i giochi in piazza e per le vie del paese.

Al centro della piazza si allestiva il "palo della cuccagna" e chi riusciva a salire fino alla cima si prendeva il sacco pieno di tanti buoni prodotti. Si preparavano i giochi con i sacchi, con i piedi legati, con il tiro alla pignatta e alle gummule (giare di terracotta) che venivano ripiene o di acqua o di farina o di cenere o di caramelle, o di noci o di soldi. Si organizzavano le corse, a piedi, per fare divertire grandi e piccini. Dopo la Processione del Santo per le vie del paese, accompagnata dalla banda musicale, che suonava solo motivi religiosi, e da tanta gente che per l'occasione si tagliava i capelli, indossava il vestito della festa, metteva le scarpe nuove che a volte si passavano da padre in figlio, le donne rientravano a casa a preparare i piatti tipici della festa per poi accogliere i suonatori della banda mentre gli uomini si fermavano in piazza, seduti d'avanti alla taverna, o sui muretti sotto il chiarore della luna. I vecchi iniziavano i loro racconti, le filastrocche, i proverbi. I giovani si avvicinavano per imparare ascoltando con molta attenzione. Rinfrescati dal buon vino delle vigne di Crosia e accompagnato dalla buona sardella spalmata sulle frese veniva tracannato a boccali e poi a fiaschi fino a farli ubriacare e anche a sognare.

VEDUTA DI MIRTO VEDUTA DI MIRTO

IL MARE DI MIRTO IL MARE DI MIRTO

IL MARE DI MIRTO LA VILLA SUL LUNGOMARE DI MIRTO

LE COLLINE DI MIRTO

LE COLLINE DI MIRTO

LA CHIESA <<DIVINO CUORE DI GESU'>> DI MIRTO

LA CHIESA <<S. GIOVANNI BATTISTA>> DI MIRTO

LA DIREZIONE DIDATTICA DI MIRTO

 L'ORTO BOTANICO SCUOLA PRIMARIA DI MIRTO

Stai ascoltando KREUSA dalla meravigliosa fisarmonica di Gennaro Ruffolo